mercoledì 3 gennaio 2024

Recensione: Killing the Boyband

Eccoci di nuovo con una recensione (o meglio commento) su un libro a tema fangirl.
Avevo già parlato di The Fangirl's Guide to Galaxy di Sam Maggs.

Questa volta parlerò di un vero e proprio romanzo, Kill the Boy Band di Goldy Moldavsky, per questo libro esiste un'edizione italiana della De Agostini, The Boy Band - Li Amavo da Morire.


La storia parla di quattro ragazzine ossessionate dalla boyband del momento, The Ruperts. Talmente tanto ossessionate che sono disposte a fare di tutto pur di incontrarli, come ad esempio affittare una stanza d'albergo dove alloggiano loro e arrivare a rapire uno dei membri della band. 
Da lì è tutta una discesa verso gli inferi. O no?

Molte delle azioni compiute dalle quattro ragazze sono eccessive, estreme. Irrealistiche? Su questo non ne sarei molto sicura, sappiamo molto bene come si sia trasformato il ruolo della fangirl nell'era dei social. Tutto pur di avere un briciolo di contatto con loro, tutto pur di farlo vedere agli altri.

There was no point being a fan these days if you weren't willing to go the extra mile for your idols. It wasn't enough anymore to send them fan mail and kiss the posters above our beds.

La vicenda ruota attorno alla sua protagonista ma anche alle sue amiche.
Ognuna di loro rappresenta una tipologia di fangirl.

- La protagonista fa parte della categoria delle sognatrici. La band è il suo rifugio dalla vita quotidiana, da quella realtà dura che, nel suo caso, le ha strappato il padre troppo presto.
È dotata di un'estrema fantasia che la aiuta a scrivere fan fiction.

- Erin è la groupie. Quella carina che sa che può arrivare dove vuole. E ci riesce. Non senza delusioni cocenti.

- Isabel è la stalker.  Quella che sa sempre tutto: eventi, hotel, spostamenti. Ha un sito e un account Twitter di news e aggiornamenti.

- Apple è quella un po' outsider che cerca di farsi piacere dalle altre a tutti i costi e ha i fondi finanziari che la aiutano.


Il romanzo riesce a raccontare la fangirl, una figura che può essere contraddittoria. Ma soprattutto è complessa da analizzare, la fangirl non è semplicemente una ragazzina urlante, innamorata del cantante belloccio in maniera fine a sé stessa.
Ha lati positivi e lati negativi.
È tenera, è eccessiva, è creativa. Non si ferma davanti a niente e nessuno. E la tecnologia, ai giorni nostri, ha portato tutto ad un altro livello.


Even the anticipation that come with waiting for them was part of the fun. It was butterflies - the best kind. We might see the boys and we might not, but the hours in between, spent waiting, or racing down street, or investigating, it was fun. We filled Instagrams and Twitters with it. We formed lasting friendships. We were part of something.

Quello che spesso viene dimenticato è che grazie ad una band, una serie tv, un franchise cinematografico si creano splendide, solide e durature amicizie. La fangirl si vede come parte di qualcosa e questo spesso succede perché la vita di tutti i giorni la fa sentire inadeguata. È una sorta di meccanismo di difesa, che pur nonostante abbia parecchi difetti, funziona.

I loved The Ruperts for who they were, sure, but I mostly loved them for how they made me feel. Which was happy. The Ruperts made me happy. The simplest thing to be in the world. And the hardest.

Semplice e diretto. Dall'esterno si fa parecchia fatica a capirlo, ma per una fangirl è praticamente l'essenziale.

È questa dicotomia esterno/interno che rende questo romanzo una sorta di visione a 360° dello stile di vita della fangirl.
La protagonista è, in un modo o nell'altro, la visione positiva, quella "accettabile", seppur con riserve, da parte del mondo esterno.
Ma ci sono anche punti che vogliono far vedere l'aspetto negativo.


C'è una scena, il dialogo del bartender, che è quasi un rito di passaggio per tutte le fangirl. Il barista è una sorta di "resto del mondo", che sta lì a puntare il dito.
La prima parte di questo dialogo è il classico esempio di come sono viste le fangirl da chiunque non faccia parte di questa categoria: come un branco di idiote, “You seem like a smart, nice girl. Why do you love The Ruperts?”
Come se amare una boyband sia un automatico indice di stupidità. 
Come se una ragazza seria ed intelligente non potesse avere una passione leggera e fuori dagli schemi.
Equazione semplice semplice: sei una fangirl? Allora sei una deficiente. 
È così facile giudicare ed etichettare, semplicemente perché ci si scosta dagli standard (patriarcali, ci aggiungo io) della “ragazza per bene”. Perché, diciamocelo, chi ha stabilito che ascoltare un determinato genere di musica o appassionate di un certo tipo di cinema sia sinonimo di stupidità?

La seconda parte del discorso del barista è una sorta di profezia, che si può riassumere in una sorta di Divertiti pure e fai la sciocchina adesso, tanto tra un paio di anni ti sarai scordata di loro, anzi ti vergognerai di essere stata loro fan.
Se avessi avuto un euro per ogni volta che mi è stata detta una cosa del genere, sarei stata milionaria. Che fossero i Take That, i Backstreet Boys, Glee o la saga di Twilight.
E sì, magari non sono più accanita come lo ero un tempo, ma non rinnego nemmeno un giorno di quei periodi. Probabilmente tante ragazze sono finite, finiscono o finiranno col farlo, ma ciò non vuol dire che sia la regola, semmai l’eccezione. 

La chiosa finale a questa scena è particolarmente importante e veritiera e tutto quello che la gente "normale" non riesce o non vuole capire. Non si riduce tutto all'isterismo.
Spesso si creano amicizie, più o meno indissolubili, che possono anche partire da cose "frivole" (e di nuovo, chi ha stabilito che siano solo e soltanto superficiali?) ma possono nascere relazioni più profonde, ma quel che è più importante è che si condivide gioia.

Un'altra problematica che viene sollevata nel libro e su cui si è discusso miriadi di volte è come sia quasi vietato alle donne (soprattutto quelle giovani) appassionarsi a qualcosa.

Because being too passionate or excited about anything was never cool.
Affermazione della protagonista riferendosi ad Erin, mentre spiega che a scuola, in mezzo agli altri, lei non lascia trasparire il fatto che sia una fangirl. Perché non è cool. 
Quante volte si sono accesi dibattiti su come ci siano doppi standard per quanto riguarda le passioni di ragazze e donne e quelle dei maschi, soprattutto se si parla di sport. Quante volte si è lasciato correre su espressioni piuttosto violente delle passioni maschili mentre si punta il dito sulle ragazze che strillano ai concerti? Come se alle ragazze fosse concesso solo di pensare alle cotte adolescenziali e ai rossetti, qualsiasi altra cosa che vada al di là di quello che viene concepito come frivolo, le si bolla come sfigate, isteriche, ridicole e chi più ne ha più ne metta. E potrei continuare all'infinito, ma questo potenzialmente è materiale per faci un post dedicato. 

Ma, ovviamente, come tutte le esperienze che coinvolgono l'essere umano non c'è nulla di completamente positivo, qualsiasi cosa è fatta di sfumature, niente è completamente bianco e nero, e così anche l'essere fangirl. 

Quando le cose nella storia precipitano, la critica a determinati atteggiamenti e comportamenti è chiara.
Non, solo, si smantellano illusioni.

Innanzitutto le ragazze scoprono una serie di cose che squarciano il velo sull'umanità di quelli che loro chiamano idoli. 
Un errore che facciamo un po' tutti, e qui metto anche il resto del mondo non fangirl, è mettere le celebrità su un piedistallo. Idealizzare esseri umani che, spogliati della fama e dei soldi, sono esattamente come noi. Fanno errori, come noi, oppure, semplicemente non sono come quello che ci aspettiamo sotto diversi punti di vista. Alcune volte in maniera problematica, alcune volte semplicemente spezzano una narrativa che il pubblico dipinge loro attorno.
E poi scatta l'oltraggio, perché vanno ad infrangere qualcosa che noi fangirl avevamo creato come safe space.  

E proprio da qui parte una scenata parecchio animata tra Erin e la protagonista. Erin è disillusa e dà della ragazzina immatura alla protagonista, che imperterrita continua a difendere il proprio status di fangirl e i Rupert come entità che l'hanno aiutata a superare un periodo particolarmente difficile. 

Quindi, la situazione delle quattro ragazze precipita su vari fronti, anche in maniera abbastanza pesante. 
La loro compattezza va sfaldandosi e si rivela l'altra faccia dell'essere fangirl. Perché, sì, come tutte le cose, ci sono anche i lati negativi, nulla è perfetto.

La maschera cade, l'illusione che quella tra la narratrice, Erin, Apple e Isabel fosse vera amicizia si frantuma. La vita "vera", ha la meglio.

Alla fine, sembra quasi che l'autrice ribalti tutto e quasi rinneghi tutto ciò che di positivo scrive nella prima parte della storia. È giusto parlare sia degli aspetti positivi che quelli negativi dell'essere fangirl, ma magari farlo in maniera costruttiva e obiettiva? Sembra quasi che voglia smontare pezzo per pezzo tutto quello affermato e, alla fine, ritrovarsi con i soliti pregiudizi che siamo abituati a sentire quotidianamente.

Addirittura, con la sorta di plot twist con cui vuole concludere il racconto, sembra quasi che voglia dipingere il fenomeno con un vabbè, è tutto nelle vostre teste, vi inventate tutto.
Quasi che le nostre passioni, momenti felici non sono siano cose stupide, ma sono illusioni che ci creiamo da sole. 

In conclusione, la storia parte bene, dipana in maniera chiara la subcultura della fangirl, ma poi, quando si passa alla critica, si annulla tutto. Un libro, una contraddizione. Un peccato, perché mi ero quasi commossa a leggere un'analisi diversa dalla solita che se ne fa.





Nota a margine, il discorso su come si vive il fangirlismo oggi e come sia cambiato dai miei tempi hardcore, da quando ho iniziato a scrivere questo blog, sicuramente arriverà, non so quando, considerando le mie tempistiche. Ma ci sto riflettendo da parecchio.



 





Nessun commento:

Posta un commento