venerdì 13 maggio 2016

50 Shades of Bummer: a Chris Evans Trilogy

A conti fatti, potrei davvero scriverci un libro per anno, se penso alle sfighe che ho collezionato in questi ultimi due anni (tre premiere).

Riavviamo il nastro.

Lo scorso anno mi sono rifiutata di scrivere qualsiasi resoconto, talmente è stata un'esperienza orrenda. Quest'anno, invece, è stato talmente assurdo e surreale che non posso non raccontarne.
E poi diciamolo, così orrendamente non è andata, se pensiamo all'esperienza nella sua globalità e non ci focalizziamo solo su quel farabutto.

Partiamo da due elementi basilari che mi hanno permesso di spingermi veramente oltre ogni umana dignità in quei quattro giorni:

- La mia host family via per la settimana di Pesach/Passover. Si ringrazia Mosè per aver liberato gli Ebrei dalla schiavitù e me da ogni schedule settimanale.
- L'accredito stampa che la mia salvatrice A. è riuscita a farmi ottenere.

La fonte di ogni (mio) male



Giorno 1 - Domenica 24 Aprile

La giornata inizia con la sveglia alle 5,30, il cagotto e il corri corri per cambiare tre metropolitane per giungere al (maledetto) Westfield Shepherd's Bush per cercare di ottenere il braccialetto numerato per la premiere di martedì. Ero già partita con la negatività addosso perché sapevo che c'era già gente (i soliti noti) che aveva dormito lì. Dopo due ore in piedi in fila, con una simpaticissima ragazzetta di 14 anni alta un metro e novanta che continuava a mollarmi gomitate e inciamparmi addosso, prendo il mio benedetto braccialetto arancione, con un sorprendente 25, pensando di avere finalmente un posto in prima fila decente. (Pensavo. Ma le cose sono andate un po' come quando paghi il canone RAI, ti assicurano un posto in prima fila e invece becchi solo del gran letame, ma non spoileriamo troppo la giornata di martedì)




La mattinata procede con un latte da Starbucks con cui mi sono inevitabilmente bruciata la lingua e con l'inizio della mia odissea tra un hotel e l'altro. 
Parto da quello dove suppongo stia Robert Downey Jr., ovviamente ci prendo. Sto due ore al gelo (sottolineiamo il fatto che tutta la settimana ha fatto un freddo becco che neanche a gennaio stavamo così) ma niente, RDJ e qualcun altro sembrano divertirsi a giocare a Chi l'Ha Visto.
Dopo le due ore passate aspettando Godot, no, Berto, mi sposto verso il mio altro obiettivo. E qui altro che Godot.
Dopo cinque ore da sola, col vento gelido e senza pranzo il mio bottino è il seguente: una Elizabeth Olsen che a stento fa ciao con la manina, una Emily VanCamp che credeva di stare alla maratona di Londra (era giusto qualche metro più in là, si sarà sbagliata, oppure ha visto tutti correre mentre arrivata e ha pensato di farlo pure lei) e un veramente garbatissimo Joe Russo, che si è fermato con noi quattro gatti e ha fatto foto e autografi con tutti.


Dopodiché, alle 18, è giunta l'ora di smontare le tende e ad andare a vedere l'anteprima stampa di Captain America: Civil War. Potrei stare ore qui a parlare solo del film e di quanto Marvel e i suoi autori siano dei paraculi di dimensioni titaniche, ma questo, forse, è un altro post.
Me ne torno a casa in trance e disperata, mangiando di corsa in metropolitana un Happy Meal che poco poco senza arte né parte.


Giorno 2 - Lunedì 25 Aprile

Mi sveglio insolitamente tranquilla. Come se non dovessi andare ad una conferenza stampa di uno dei più attesi film dell'anno, in presenza non solo di un cast stellare ma dei miei due attori preferiti in assoluto (Chris Evans e Robert Downey Jr., se a qualcuno, casomai, fosse sfuggito).
Nota della mattinata: mi ripasso lo smalto almeno ottocento volte e inesorabilmente esco di casa con le dita della mano destra che sembrano un bassorilievo.

Naturalmente arrivo con larghissimo anticipo al benedettissimo albergo a cui ho fatto le poste svariate volte. Non nascondo che mi sono sentita tantissimo a disagio a sedermi in una delle poltroncine del Foyer, lì sì che mi son sentita una vera poraccia e la puzza di povertà sicuramente una delle dipendenti l'ha percepita e mentre cercavo di farmi risucchiare dalla poltroncina mi si è avvicinata chiedendomi se fosse tutto ok. Quando le ho detto che ero lì per la conferenza stampa ha sgranato gli occhi, non ci credeva. Ma mi ha lasciata in pace.
Successivamente raggiunta dalla mia amica E. e da un gruppo di altri giornalisti italiani mi sono avviata verso la sala e lì ho (quasi) realizzato e mi si è gelato il sangue.
E le sinapsi mi sono andate in black out quando sono riuscita a piazzarmi in prima fila.


Tiriamocela perché sì. Nota a margine: quella è stata poi la poltrona di Sebastian Stan

I tre quarti d'ora sono passati al volo tra qualche foto scattata di nascosto, il live tweeting per Cioè, che non smetterò mai di ringraziare per avermi regalato questa fantastica opportunità, ma soprattutto lo stato di trance in cui mi son trovata. Fissare Chris Evans ad una manciata di distanza, senza nessuno che ti calpesta è stata un'esperienza quasi mistica, aggiungiamoci anche che ho visto in diretta la fantomatica risata con tanto di left boob grabbing in diretta. E non menzioniamo il fatto che mi son trovata seduta di fronte a Sebastian Stan, il quale non ha chiuso le gambe praticamente mai. Thanks.




Naturalmente, una volta dentro quell'hotel ho pensato bene di metterci radici per il resto della giornata, ovviamente perché finita la conferenza la security si mette a muro per impedirci di avvicinarci agli attori. Quindi ciao foto, ciao autografi.
Dunque cosa faccio? Mi piazzo nel famoso Foyer, sfodero il mio scassatissimo laptop e mi do l'aria da vera professional, così nessuno ha provato a mandarmi via e ho osservato in lontananza quella visione di Paul Bettany e quello scemunito di Anthony Mackie. Naturalmente di Ninja Evans, neanche a parlarne.

Dopo solamente quattro ore a far finta di star scrivendo l'articolo della vita, getto la spugna e me ne torno a casa, ancora con la testa fra le nuvole per quello che ho vissuto.


Giorno 3 - Martedì 26 Aprile

Giuro che io ci ho provato ad essere positiva, lo giuro davvero. Ma devo proprio avere una maledizione addosso quando si tratta di red carpet.

Mi alzo alle 4,30 della mattina, prendo la prima metropolitana, arrivo al Westfield alle 6,15 e mi metto in fila, senza fiatare e speranzosa che la security segua davvero i numeri. La mia zona viene chiamata per ultima e quando mi accorgo chi ci sarà lì con me, sono stata assalita dallo scorforto: loro, sempre e solo loro, i miei migliori amici dealer di merda. E quindi tutte le mie speranze sono andate direttamente a suicidarsi su un morbido e confortevole tappeto di ortiche. 
I numeri controllarli? Ma neanche per sbaglio. Sono entrata nel "recinto" con il mio 25 che già la prima fila era già tutta bella che occupata. Sono stata a tanto così dal girare i tacchi e andarmene via, non so se avrei fatto bene o meno, ma inutile chiederselo, è andata come è andata.
Non sono mancate le crisi di pianto e anche un mezzo attacco di panico. Fortunatamente oltre a trovarmi in mezzo alla mandria di animali allo stato brado, c'era anche qualche essere umano che ha cercato di tirarmi su e quando son stata male mi ha prontamente offerto dell'acqua.
Iniziata la premiere sono entrata in totale empatia con le sardine quando le inscatolano o con la poltiglia rosa quando la trasformano in nugget, insomma ora so che sensazione si prova a passare in mezzo a dei rulli. O farsi una passeggiata in un tritacarne.

Voi pensate che io scherzi, ma ero qui in mezzo, mi si vede pure!

Ma nonostante tutto ne sono uscita viva e addirittura con due autografi sul mio scudino, zio Jeremy e quello là, sì, lui Evans. (Da ringraziare quel sant'uomo di Bruce che stava davanti a me e che ha cercato veramente in tutti i modi di farmi scippare qualcosa e soprattutto una foto con Egli.
Non menzioniamo il fatto che su più o meno quindici persone, si sono avvicinate al mio pen solo in cinque.
Comunque, bella cravatta, Sebastian Stan (ho visto solo quella, quando è arrivato lui).



La giornata finisce con l'ennesima crisi di pianto, me ne torno a casa con la coda tra le gambe, ma la mia testa è fatta all'80% di granito, quindi io mica mollo qui.


Giorno 4 - Mercoledì 27 Aprile

Parto rassegnata in partenza. Mi son detta: Alza il culo dal letto, vai e provaci, altrimenti te ne pentirai amaramente per il resto della tua vita; non lo incontrerai, ma comunque non puoi saperlo.
Ah, se ascoltassi sempre i miei autoconsigli così. Mi sono portata dietro una ragazza conosciuta alla premiere, la sua faccia disperata mi ha fatto troppa tenerezza e perché negarle una possibilità? 
Arrivata alle 9, la prima cosa che mi viene detta è stata: "Chris Evans è andato via venti minuti fa dal garage." Ok. Vaffanculo. Ma ero talmente in uno stato di catalessi mista a rassegnazione che non me la sono neanche presa. E me ne sono rimasta imperterrita lì, tanto prima o poi qualcuno da 'sto diamine di hotel dovrà pur uscire.
Il primo ad andare via è Mr. Joe Russo, che così come domenica è stato un super signore e si è fermato un po' con tutti.
Poi arriva Emily VanCamp, che, esattamente come l'arrivo, era tutta trafelata e di corsa, ma almeno tre autografi si è degnata di farli (tra cui il mio).
Dopodiché la grandissima delusione Anthony Mackie. Esce dall'hotel e saluta e annuncia "Niente autografi, solo foto." Va bene, va benissimo, io preferisco quelle allo scarabocchio. Peccato che siamo a malapena in dieci e lui si ferma solo con due e pure scocciato. Ciao Mackie, fatti un po' di pane, burro e zucchero la prossima volta, magari ti prende meglio.
Arriva anche Paul Bettany, super classy e super rilassato. C'era da fargli un video per i contorsionismi che ha fatto quando gli ho chiesto una foto. Non è colpa mia se io sono troppo bassa e lui troppo alto (e troppo pasticcino).
Stiamo ad aspettare ancora un po', spariscono le Mercedes e anche la donnina biondina che ha coordinato gli arrivi dei transfer fino a quel momento.
Esce uno dei dipendenti dell'hotel chiedendoci chi stiamo aspettando, parte il coro di Sebastian Stan!
(Nel frattempo il numero di penzolanti è cresciuto a circa venti unità). Risposta: "E' andato via, è inutile che restiate ad aspettare qui."
Certo, che noi siamo tanto fessi che crediamo uno che viene a dirci di sua sponte che Stan se n'è andato. Infatti, non passano dieci minuti che si vedono costretti a portare fuori le transenne e lì capiamo che il nostro sta per arrivare. E quando arriva, lo fa in grande stile.
Si piazza in mezzo alle scale neanche fosse una diva per poi andare dal lato opposto da dove sono io e si ferma e chiacchiera con tutti. Firma autografi, scatta selfie, si prende perfino i regali.
Arrivato il mio turno, io naturalmente sono l'ultima della fila, mi ritrovo con la gente dietro di me che spinge, (sì, quelle dell'altra parte non contente sono venute anche di qua) e la security che mi blocca davanti, stavo per sfanculare tutto, ma Messer Sebastiano dalla Romania sente il mio pigolio, spinge via la bodyguard e si fa sta benedetta foto con me.
E insomma, un piccolo payback l'ho avuto. In fondo lui lo seguo da anni ed è colpa sua se ho visto Captain America: Il Primo Vendicatore per la prima volta, direi che ci sta.

Paul Bettany

Sebastian Stan


Non voglio pensare e sapere se effettivamente quello sia andato via prima che arrivassi. Non voglio pensare al fatto che non sono andata sotto l'hotel di RDJ perché ero convinta che fosse andato via, invece era ancora a Londra e avrei fatto tranquillamente in tempo ad incontrarlo. Voglio solo pensare a quanto sia stato fantastico Sebastian e che sono riuscita a scippare una foto con lui nonostante tutto.

Sono matta, lo so, ne sono consapevole. E forse quest'anno ho raggiunto veramente picchi di disagio mai visti. Ma se mi chiedeste: Lo rifaresti? La mia risposta sarebbe: Sì.
Non chiedetemi però perché. E' così, punto.

E non venite nemmeno a dirmi: Suvvia, sei stata fortunata, l'hai comunque visto da vicino.
No, perdonatemi la supponenza ma no, non mi sta bene. Poteva starmi bene la prima volta ma non lo accetto per il terzo anno di fila. Non credo di pretendere la luna a voler scattare un ricordo indelebile con lui o scambiarci mezza parola, visto che praticamente il mio mondo negli ultimi tre anni è girato intorno a lui, o quasi. O quanto meno, inconsapevolmente, mi ha aiutata a mettere da parte quello che la vita mi offre ogni santo giorno e vi assicuro che non è sempre piacevole. Quando mi sento giù so che appena ho cinque minuti tutti per me posso aprire il pc e cercare una sua foto, una sua intervista, guardarmi un suo film e tutto, per almeno un pochino, sparisce.
Quindi sì, sicuramente non mi arrendo, sicuramente prima o poi, non so quando, non so dove, non so come, ma il mio momento arriverà, ne sono certa. E forse anche un po' presuntuosa, ma me lo merito.
E chi mi conosce personalmente sa, conosce la dedizione che gli dedico quando sto dietro alla sua pagina, quando mi arrabbio quando la gente parla solo dei suoi muscoli e si dimenticano del suo mestiere.

Potete trovare un post-sunto-chris-centrico su Sposerò Chris Evans







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